TRIESTE – Cattivi odori e rumori molesti provocati dai cani? Il giudice può disporre il sequestro preventivo, perché gli animali sono considerati “cose pertinenti al reato” e potrebbero permettere alla loro proprietaria di continuare a commettere il reato di disturbo della quiete pubblica. Lo ha stabilito il tribunale di Trieste, dove una donna è stata indagata perché i suoi tre cani, tenuti in un cortile condominiale e in pessime condizioni igieniche, disturbavano la quiete dello stabile abbaiando. Per di più i cattivi odori arrivavano alle finestre dei residenti. I condomini avevano quindi sporto denuncia e il tribunale, dopo che le autorità sanitarie hanno svolto le loro analisi e sono stati effettuati i rilievi fonometrici dell’Arpa, si è pronunciato sulla vicenda.
La decisione riapre una questione su cui la giurisprudenza negli ultimi mesi pareva aver imboccato direzione opposta a questa, considerando gli animali da compagnia non cose ma esseri senzienti. Invece qui il giudice, nel disporre il sequestro preventivo dei cani, li ha gestiti alla stregua di cose, appunto. E a nulla è valsa l’opposizione della proprietaria dei cani, che ha sostenuto che l’allontanamento degli animali poteva provocare loro sofferenza da abbandono. Secondo il giudice, infatti, è stato prevalente l’interesse degli altri condomini alla quiete della loro casa.
Nessuna rilevanza, dunque, per la ipotetica sofferenza dei tre cani sequestrati. Anzi, i giudici di Cassazione hanno fissato il punto: “La comunque non dimostrata e niente affatto pacifica e indiscutibile sofferenza dei cani derivante dall’allontanamento è priva di rilevanza rispetto alle esigenze umane, che sono tutelate dalle norme penali”. Il sequestro, infatti, non provocherebbe alcuna sofferenza per i cani, “i quali non vengono né uccisi, né feriti né maltrattati, ma soltanto trasferiti“. Già: “soltanto” sradicati dal loro ambiente, dalle loro cucce, dai loro affetti, dalle loro consuetudini.