ROMA – Vietato usare i collari elettronici che, attivati a distanza, danno la scossa ai cani per addestrarli o per tenerli sotto controllo procurandogli dolore. Inutile anche tentare di difendersi sostenendo che il collare viene utilizzato solo per gli impulsi sonori che dovrebbero imporre un ”comando” che il cane dovrebbe eseguire a distanza. Lo sottolinea la Cassazione confermando la condanna penale alla multa da mille euro, per il reato di maltrattamento di animali, nei confronti del padrone triestino di un segugio di razza italiana al quale era stato messo un collare con led che rispondevano a impulsi elettrici.
Il cane, scappato, era stato trovato mentre vagava su una strada in Trentino, nel territorio del Comune di Strembo (Trento), e la polizia locale si era occupata di identificare il proprietario. Il collare che il povero segugio aveva al collo “dava il segnale di acceso, utilizzato per scopi addestrativi, attivato a distanza da un telecomando in modo da provocare nel cane scosse elettriche aventi come conseguenza oltre al dolore fisico anche uno stress psicologico“, osserva la Suprema Corte nella sentenza 50491 depositata oggi.
Ad avviso degli ”ermellini” è da condividere quanto affermato dal Tribunale di Trento nella sentenza di condanna emessa il 14 ottobre del 2015 che aveva escluso che “un collare in grado di emettere sia impulsi sonori sia impulsi elettrici fosse stato acquistato e fatto indossare al cane solo per usarlo per gli impulsi sonori”, come aveva sostenuto il proprietario per sfuggire al verdetto di colpevolezza. Così Fabio B., di 55 anni, si è visto respingere il ricorso contro la multa da mille euro e adesso la Cassazione lo ha anche condannato a versare altri millecinquecento euro alla Cassa delle Ammende per la inammissibilità dei motivi con i quali ha tentato di difendersi.