MASSA (Massa Carrara) – Piccolo, Zeus: ha trovato il calore delle carezze solo in punto di morte, tra le braccia dei volontari Lndc che dopo il sequestro lo avevano in affidamento. Povero, Zeus: Breton accudito solo finché è stato bravo a caccia, dopodiché il suo umano lo ha abbandonato a se stesso, condannato a morire di stenti, mangiato vivo dalle zecche, nido incolpevole di parassiti di ogni genere, malato di filaria, senza niente; solo i suoi 10 anni di età e i suoi patimenti da sgranare nella mente come un rosario.
Caro, Zeus. Ha avuto giustizia. Si è chiuso infatti con una condanna a 6 mesi di carcere il processo a carico del suo proprietario dopo che Lega Nazionale per la Difesa del Cane aveva denunciato il fatto e portato avanti questa battaglia ribadendo senza sosta che nessuno può infliggere gratuite sofferenze né togliere la vita ad un animale.
“Il giudice – commenta l’avvocato Michele Pezone, Responsabile Diritti Animali LNDC – ha applicato l’articolo 544 bis del codice penale poiché la condotta dell’ex cacciatore ha fatto mancare le cure e l’assistenza necessarie per la sopravvivenza del cane. L’animale – spiega il legale che si è costituito parte civile per l’Associazione – divorato dai parassiti, dalle zecche, malato di filaria, è morto almeno con dignità, tra le braccia dei volontari LNDC, che lo avevano avuto in affidamento dopo il sequestro da parte dell’autorità giudiziaria. Ora attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza, che si preannuncia molto interessante e innovativa”.
Amaramente soddisfatto per la vicenda processuale è il Presidente della LNDC di Apuania, Roberto Guelfi: “Zeus ha vissuto, così è emerso nel corso del dibattimento dalle deposizioni dei testimoni, in un recinto fatiscente, una gabbia per uccelli, legato alla catena, esposto alle intemperie. Non curato mentre quello stato di abbandono lo stava mortalmente colpendo nel corpo e nella mente, veniva preso da una vicina di casa e portato in clinica, ma le sue condizioni erano così gravi da non lasciare spazio alla speranza. Spirava cinque giorni dopo con dignità, a 10 anni, onorando il suo nome coraggioso ma reso negletto dal suo destino, tra le braccia amorevoli dei nostri volontari. La sentenza apre la strada ad una giurisprudenza attenta ai diritti degli animali, che punisce col carcere chi abbandona fino alla morte il proprio fedele compagno”.