“Il mio povero Black è malato assai: non si muove quasi più e non vivrà ancora a lungo. […] Ho comandato un altro Black, che si sta fabbricando a Bologna perché nel caso che mi venisse in testa di fare un altro Don Carlos non lo potrei senza un collaboratore di quella specie”. Black, Yvette, Moschino: sono gli amatissimi cani da caccia di Giuseppe Verdi, immortalati con lui anche nel celebre ritratto ad acquarello del pittore russo Leopoldo Metlicovitz. Sue le parole di tristezza per la malattia dell’amico a quattro zampe, un mastino, indirizzate nel 1868 all’editore Arrivabene che, sempre al fianco del suo fidato cane Ron Ron, per parte sua lo capiva alla perfezione.
E dunque è così: forse senza la ‘consulenza’ dei cani di casa tanti capolavori del maestro di Busseto non sarebbero mai nati, o non sarebbero stati così perfetti. La confidenza che l’illustre compositore aveva con i suoi cani è anche in una deliziosissima lettera che Verdi scrive nell’agosto del 1865 proprio a Ron Ron, il cane di Arrivabene, mettendosi letteralmente nella pelliccia del suo Black.
Dopo aver rimproverato “il fratello dilettissimo” per non esserlo andato a trovare, Black gli descrive la sua vita con l’umano Verdi parlandone così: “Il mio maggiordomo, segretario factotum, quello dei rampini [come Verdi chiamava le note], non mi fa mancare nulla, gli amaretti continuano a piovermi in bocca, i grossi ossi sono per me, la zuppa pronta al mio risvegliarmi, tutta la casa a mia disposizione, ed ora che il caldo è soffocante, io cambio appartamento e letto ad ogni momento e guai a chi mi tocca”.
E poi c’era il cane di sua moglie, Giuseppina Strepponi, un maltese piccolino del quale il compositore pare si fosse completamente innamorato: “Il mio bianco Loulou che avete visto cucciolo – racconta proprio la cantante lirica – è il più bel cane del mondo e oso dire anche il più fortunato. La fa da padrone con tutti e tutti gli obbediscono. Verdi ha la pazienza di camminare col suo cane sotto il mantello sistemato in modo che non gli rimanga fuori che il naso per respirare. La nostra casa di campagna avrà un nome e sarà quello di Loulou”. A Loulou, immortalato con Verdi dal vignettista a lui contemporaneo Melchiorre Delfico, è eretto nel parco di Villa Sant’Agata vicino a Busseto un piccolo monumento con l’iscrizione: “Alla memoria di uno dei miei più fidi amici”.