Fuori dal palazzo di giustizia, oggi, anche i beagle liberati e ormai cresciuti
Fuori dal palazzo di giustizia, oggi, anche i beagle liberati e ormai cresciuti

BRESCIA – La corte d’appello di Brescia ha confermato le condanne emesse in primo grado nei confronti dei vertici di Green Hill, l’allevamento di cani Beagle chiuso nel bresciano nell’estate del 2012. Confermate dunque le condanne a un anno e sei mesi per Renzo Graziosi, veterinario della struttura e per Ghislene Rondot cogestore di Green Hill. Condanna confermata ad un anno invece per il direttore Roberto Bravi.

“E’ una giornata importante, oggi ha vinto nuovamente la legalità”, è il commento a caldo di Carla Rocchi, presidente nazionale di Enpa che era parte civile nel procedimento giudiziario. “Con la conferma della condanna di primo grado a complessivi quattro anni inflitta ai vertici dell’allevamento Green Hill – prosegue – giustizia è stata fatta due volte. Restano tuttavia le sofferenze degli animali che, purtroppo, nessun verdetto potrà mai cancellare, anche se siamo orgogliosi di essere riusciti a sottrarre moltissimi beagle ai loro aguzzini“.

“Con questa nuova sentenza si confermano rigore morale ed equità nell’applicare il diritto a esseri viventi capaci di provare sofferenze e dolore”, commenta Lav, anch’essa parte civile nel processo Green Hill. “Con questa sentenza storica, senza precedenti per numero di animali tratti in salvo e per la portata innovativa sul piano giuridico – osserva – è stato smantellato l’inaccettabile teorema del cane ‘prodotto da laboratorio’ usa e getta”.
Una delle immagini simbolo della liberazione dei cuccioli di Green Hill
Una delle immagini simbolo della liberazione dei cuccioli di Green Hill

Dal canto suo l’azienda Green Hill, annunciando il ricorso in Cassazione, ha spiegato che “il processo è stato fin dalle fasi iniziali fortemente influenzato da una campagna animalista ingiustamente accanita che in realtà vuole vedere l’azienda condannata non per i metodi di allevamento, ma piuttosto per le finalità di quest’ultimo e non ne considera la necessità per la ricerca medico-scientifica“.

Una cosa è certa, e la ricorda la presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente Michela Vittoria Brambilla: “Grazie alla norma che ho scritto e che è diventata legge nel decreto legislativo 26/2014, un allevamento come Green Hill non può più aprire in Italia. La nostra società – sottolinea l’ex ministro – attraversa una fase di grandi cambiamenti che investono, naturalmente, anche il rapporto tra l’uomo e gli animali“. In questo senso il processo Green Hill, sottolinea, “è probabilmente l’evento simbolo di questa rivoluzione sempre meno silenziosa, dal momento che per la prima volta, nel nostro paese, la magistratura, requirente e giudicante, interpreta i reati di maltrattamento e di uccisione di animali in chiave davvero moderna, assumendo il punto di vista delle vere vittime (i beagle) e delle loro esigenze etologiche, contro i preponderanti interessi di una grande multinazionale”.
Alcuni dei cuccioli dopo la liberazione
Alcuni dei cuccioli dopo la liberazione

 

 

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