BRESCIA – Green Hill di nuovo alla sbarra: si apre il 23 febbraio, presso il tribunale di Brescia, il processo d’appello all’allevamento di beagle destinati alla sperimentazione chiuso nel luglio 2012. Dopo la condanna in primo grado dei responsabili della struttura di Montichiari per maltrattamenti e uccisioni di animali, ora la Lav teme che la sentenza possa essere ribaltata in secondo grado mettendo nuovamente a rischio i beagle, i quali potrebbero tornare nella disponibilità dell’Azienda che potrebbe portarli appena fuori dal confine italiano e utilizzarli ancora per le sperimentazioni.
“Saremo presenti in aula per ottenere una nuova condanna esemplare che, in primo grado, ha già inflitto a Green Hill tre significative condanne per maltrattamenti e uccisione di animali, con sospensione dell’attività per due anni e confisca dei cani. Green Hill, che per legge – ricorda la Lav – in Italia non potrà riaprire perché il Decreto Legislativo 26/2014 ha finalmente vietato l’allevamento di cani a fini sperimentali, in caso di esito favorevole di questo secondo grado di giudizio potrebbe pretendere la restituzione dei beagle e portarli fuori dai nostri confini nazionali”.
Per fare pressing in questa fase processuale cruciale, la Lav con l’hashtag #iostoconibeagle sollecita le famiglie che hanno accolto i circa 3mila cani liberati da Green Hill, insieme ai cittadini che vogliono partecipare, a difendere i beagle ritrovandosi martedì 23 febbraio (dalle ore 9:30) davanti al tribunale di Brescia per chiedere, in modo pacifico, la certezza di una condanna severa per i responsabili delle uccisioni e dei maltrattamenti all’interno dell’allevamento. “Abbiamo fiducia nella giustizia – dice ancora la Lav – sono numerosi e solidi gli elementi di prova che documentano uccisioni e maltrattamenti senza necessità, così come controlli inadeguati (tanto che il prossimo 9 marzo si aprirà il processo ‘Green Hill bis’ a carico di veterinari Asl e dipendenti dell’allevamento) e il mancato rispetto dell’etologia degli animali. La temuta ipotesi di restituzione dei beagle a Green Hill è inammissibile e illogica. Come si potrebbe restituire i beagle – incalza la Lega anti vivisezione – a coloro che hanno avallato un esorbitante numero di decessi di cani (6023 i beagle morti tra il 2008 e il 2012) che avveniva per mancanza di cure idonee? Come sarebbe possibile – conclude la Lav – affidarsi a personale dipendente che ha avuto l’agghiacciante spudoratezza di farsi fotografare con un beagle morto e il cervello di fuori, in posa sorridente e con il dito medio alzato?”