imageIMPERIA – Cani protagonisti loro malgrado di intrusione nei canali riservati del ministero della difesa: accade a Imperia, dove tre persone sono state denunciate per aver utilizzato frequenze riservate attraverso radiocollari applicati sui cani da caccia. Gli indagati, a cui la polizia ha sequestrato 9 collari, hanno violato l’articolo 617 bis del codice penale (“Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche”) e dovranno pagare anche una sanzione di 7.500 euro.
La polizia postale li ha individuati nell’ambito di un’attività di monitoraggio sull’utilizzo abusivo di frequenze riservate, in collaborazione con il ministero dello sviluppo economico. Gli uomini della sezione postale di Imperia hanno individuato la posizione dei radiocollari satellitari applicati su cani da seguita durante alcune battute di caccia al cinghiale nelle zone montane della provincia. Attraverso apparecchiature radioelettriche, gli investigatori hanno potuto determinare la presenza nell’etere di segnali pulsanti a cadenza fissa di notevole potenza, sulla frequenza 155.600 Mhz, quella assegnata dal piano nazionale delle frequenze al ministero della difesa.
Giorgio Bacilieri, dirigente del compartimento di polizia postale per la Liguria, ha rilevato che “l’utilizzo di frequenze riservate al ministero della difesa può causare seri problemi di interferenza nelle comunicazioni radio e dati militari che in questo delicato momento devono poter operare al massimo delle loro potenzialità”. Durante i controlli mirati, oltre ai 9 collari gli uomini della postale di Imperia hanno sequestrato tre apparecchiature palmari di controllo che utilizzavano le frequenze riservate. Dai controlli è emerso anche che alcuni dei cani da caccia erano privi dei previsti microchip. E’ stata quindi avviata un’indagine parallela sull’illecito commercio e provenienza di cani, spesso costretti a crudeli maltrattamenti (come l’asportazione cruenta del microchip identificativo). “Un tale dispiegamento di tecnologia – commenta la Lav, Lega Anti Vivisezione – in grado di operare persino su frequenze riservate alle comunicazioni militari, è indicativo del business che si cela dietro alle battute di caccia al cinghiale”.
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