Naso-aspirabirciole sotto al tavolo di cucina. Naso-conviviale per l’appello su chi sia passato al giardinetto dietro casa e quando, e se stava bene, male, di buono o cattivo umore. Naso-scan sulle buste della spesa. Naso-infermiere dove ci sono ferite o traumi, per scovare l’approssimarsi di crisi glicemiche o l’insorgere di varie patologie oncologiche. Naso-detective nei teatri di crisi dopo sismi o eventi alluvionali, alla ricerca di persone scomparse o di sostanze illegali.
Naso nasissimo, insomma, quello del cane che all’umano gli fa altro che un baffo. I numeri parlano chiaro: 300 milioni di recettori olfattivi lui, 6 milioni noi; il 12,5% di cervello dedicato a decodificare i messaggi contenuti nelle molecole odorifere lui, l’1% noi; tra i 18 e i 150 centimetri quadrati di epitelio olfattivo lui, tra i 2 e mezzo e i 4 noi. Non c’è partita.
Esiste tutto un mondo, nel naso del cane la cui stessa psicologia in gran parte si costruisce sul suo senso primario che è appunto l’olfatto. Un’attitudine che noi umani ci possiamo solo sognare, e possiamo studiarla – sì – ma condannati per manifesta incompetenza diretta a rimanere sempre un passo indietro rispetto a tutto ciò che questo autentico superpotere canino può offrire ed esprimere.
Nell’utilizzo del naso, il tartufo che ci esplora coi suoi teneri sniff sniff, tutti i cani sono infinitamente superiori all’uomo. Non tutti, però, allo stesso modo. Le differenze meccaniche sono piuttosto evidenti: i cani col muso schiacciato saranno meno dotati dei loro cugini nasoni. Più lungo è il naso, infatti, maggiore è lo spazio per acquisire ed elaborare le informazioni olfattive.
Ma anche tra i cani nasuti ci sono differenze. Aspira a pieni polmoni quantità d’aria da farci pensare “oddio ora vola”? Allora lui è un cane a ‘teleolfatto’ (Teleosofron). Un pointer, ad esempio, o comunque i cani le cui canne nasali sono dritte o con deliziosa incurvatura ‘alla francese’. In tutta quell’aria che inala sono contenute microparticelle odorose che lo condurranno, attraverso un cono impalpabile, fino all’oggetto della ricerca sia esso preda di caccia o altro target.
Mette le narici a terra e non le rialza più a costo di inciampare con comici ruzzoloni? Ecco a voi il cane a ‘megaolfatto’ (Microsfron) che scandaglia piste a terra con inalazioni brevi e rapide utilizzando il naso come una specie di microscopio dell’invisibile agli occhi. Questi cani, il cui emblema è quel segugio di Sant’Uberto o Bloodhound noto come icona dei cani molecolari, avranno spesso orecchie lunghe lunghissime. Perché? Perché durante il percorso quelle scaloppine pelose appese ai lati della testa serviranno, col loro ballonzolare e svolazzare buffo ai nostri occhi da profani olfattivi, a convogliare le particelle odorose lì verso le narici.