ROMA – Cani randagi raddoppiati in due anni: è di circa 700mila unità la stima avanzata dal Sindacato italiano dei veterinari liberi professionisti (Sivelp) che ricorda come dai dati dell’Anagrafe canina nazionale risulta che oggi i cani registrati in Italia siano circa 10 milioni rispetto ai 6 milioni del 2015.
“Gli ingressi dei cani nei canili sanitari nel 2015, secondo il Ministero della Salute – conteggiano i veterinari in una nota – sono stati poco più di 100 mila nel corso dell’anno. Mantenendo questo ritmo e considerando la naturale sopravvivenza dei cani, in media di dieci anni, si può ipotizzare che anche questo dato sia diventato doppio. E si stima che il dato degli animali che trovano rifugio in un canile rappresenti solo un terzo dei cani erranti. Quindi è plausibile che oggi ci siano circa 700 mila randagi in Italia”.
La valutazione dei professionisti è che il randagismo “ancora oggi è un fenomeno non gestito adeguatamente, in crescita esponenziale da quando è stata emanata le legge che doveva contenerlo e prevenirlo (Legge quadro 281/91)”. Pesanti i costi per la collettività (per canili, ambulatori sanitari, piani straordinari, controversie legali) e importanti i rischi per la salute: il randagismo, spiega il Sivelp, rappresenta l’anello di congiunzione delle malattie infettive e infestive tra animali domestici e selvatici che in alcuni casi possono coinvolgere anche l’uomo, come nel caso della rabbia.
Tra i danni causati dal randagismo non sono da trascurare la predazione degli animali al pascolo, spesso erroneamente imputata ai lupi, e i frequenti attacchi alle persone dove il fenomeno dei cani vaganti è fuori controllo. “La principale causa del randagismo – precisa Angelo Troi, segretario nazionale del Sivelp – è la riproduzione incontrollata e l’unico modo serio per contrastarla è la sterilizzazione”.