Eccolo lì, con quel naso buffo da cui penzola un pollastro di gomma sopraffatto in un impeto di improbabile verve predatoria. E’ il nostro cane, lo stesso che ci costringe in un esiguo spicchio di divano consegnandoci a un destino di verticalità anche a riposo. E’ quel cane lì che proprio l’altro giorno ha rosicchiato la nostra pantofola del cuore, quella con cui il piede calzato ha agognato il ricongiungimento familiare per tutto l’orario di lavoro. Ma dove sono i terribili cani killer o i valenti cani eroi che zampettano su e giù per le cronache locali e non, abbaiandoci da racconti che attribuiscono loro intenzioni tutte nostre? Non ci sono, per l’appunto.
Il cane, di suo, è un animale sociale. Le motivazioni del cane sono differenti dalle nostre per natura. Etologicamente, si dice richiamando la scienza fondata da Konrad Lorenz che studia usi e costumi degli animali. In generale, l’attitudine è quella di cooperare col branco e proteggerlo dalle intrusioni o intromissioni perché lì, nel branco che può essere anche quello familiare, in ambiente domestico, risiede la sua fonte di nutrimento e di sicurezza individuale. Di sopravvivenza, alla fin fine. Ogni percezione di pericolo per il suo branco, per il cane può essere questione di vita o di morte. Letteralmente.
Da questa spinta motivazionale primaria nascono le 50 sfumature di cane che popolano le nostre abitazioni, per non dire le nostre vite. Il cane morde? Prima di farne un totem da cane killer pensiamo: chi ha morso? Noi dove eravamo? Poteva pensare di dover proteggere noi o la nostra casa e sua tana? E’ stato svegliato di soprassalto? Spaventato da un rumore o da un movimento brusco e inaspettato? C’è sempre un motivo, in un gesto come il morso che, quando esclude l’atto della nutrizione, è – in sé per sé – esito relazionale. Idem per l’opposto: il cane che scava sotto le macerie per salvare vite, o il suo collega che mantiene la casa sicura mettendo in fuga un malintenzionato o dando l’allarme in caso di incendio non è un eroe. Fa il cane. Al di là delle narrazioni ad alto coefficiente emotivo, lui tutela se stesso nel suo branco oppure svolge un’attività per lui gratificante insieme all’essere vivente che preferisce: il suo umano.
Il cane vero sta nel mezzo. E’ il nostro amato cane medio. Il mediodog de noantri affrittellato sul lettoo intento a scatenare il fuggi fuggi tra le lucertole sul terrazzo. E ce le porta pure in dono… E’ speciale per noi, il suo branco, e noi per lui. Non è un killer nemmeno quando fa l’attaccabrighe ai giardinetti, ma di sicuro è un eroe nei nostri cuori. E allora, anziché proiettargli addosso schemi di condotta umani, facciamogli un regalo e – magari con l’aiuto di un professionista della cinofilia, educatore o istruttore, se serve, perché no? – lasciamogli fare ciò che gli riesce meglio: il nostro cane.