Thor davanti ai 'suoi' barattoli
Thor davanti ai ‘suoi’ barattoli

LIMOGES (Francia) – Cani antidroga, cani da tartufo, cani utilissimi nel ritrovare persone scomparse o sopravvissuti a disastri, e adesso cani che potrebbero essere utili contro il cancro al seno. In Francia, al Centro Curie di Ricerca sul cancro di Limoges, è partito un progetto per addestrare i cani a usare il loro fiuto per individuare le cellule tumorali. Un metodo assolutamente non invasivo ma che potrebbe rivoluzionare le diagnosi di questo tipo di tumore, che colpisce in Francia circa una donna su dieci.

A allenarsi quotidianamente per quello che si chiama Progetto Kdog per ora sono due pastori Malinois: Thor, un cane di due anni. e Nykios. Hanno entrambi un fiuto molto sviluppato, quindi sono i candidati ideali. Per Thor l’addestramento consiste nell’individuare in quale barattolo si trovi la salvietta che si è strofinata addosso una donna che ha un tumore. “Non può vedere le differenze – spiega il suo trainer – può indovinare solo usando l’olfatto, che gli dovrebbe indicare quale è la salvietta giusta, se vuole la sua ricompensa deve sedersi di fronte al barattolo corretto. Per lui è un gioco“.

Nykois
Nykios durante una sessione di addestramento

I due cani lavorano separatamente, onde evitare distrazioni, ed effettuano nella ‘stanza dei barattoli’ 15 passaggi al giorno per ciascuno. Dei due, Nykios è formato per riconoscere le molecole odorose del cancro estratte direttamente dal tumore delle pazienti selezionate per la ricerca. Thor, invece, esercita il suo fiuto su salviette entrate in contatto solamente con la pelle del seno delle pazienti malate. A breve i due si scambieranno i ruoli, perfezionando ciascuno anche la specialità dell’altro.

Thor con il suo conduttore
Thor con il suo conduttore

I cani, dunque, non entrano in nessun caso in contatto con le persone. Chi vuole sottoporsi al test deve semplicemente farsi dare un kit con salviette, gel particolari e altri accessori da bagno e una volta usati, riportarli per farli analizzare. Il team poi analizza i campioni e se c’è qualche risultato dubbio si richiedono esami più approfonditi. Un modo semplice e anche psicologicamente meno faticoso per chi non vuole sottoporsi frequentemente alle campagne di prevenzione o alle mammografie. Qualcosa di simile è stato sperimentato già negli Stati Uniti per la diagnosi del cancro alla prostata e la percentuale di successo ha superato il 90%.

L’idea è partita dal Centro Curie di Parigi, dalla dottoressa Isabelle Fromantine: “Le cicatrici dei tumori lasciano un odore sgradevole – ha spiegato – stavo conducendo una ricerca per capire il motivo di questo odore e pensavo a una soluzione ed ecco che ho realizzato che questa combinazione di profumi così intensi doveva essere collegata non all’infezione o al metabolismo della paziente, ma apparteneva al tumore stesso“.

 

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