ROMA – Eleganti, sinuosi, composti; ma anche veloci, velocissimi e concentrati. Sono i levrieri, cani dall’aspetto regale e aristocratico che immaginiamo in contesti vip e che conosciamo in uno contesto pop: quello dei Simpson. Invece, proprio per le loro caratteristiche, i levrieri sono sottoposti a trattamenti inumani quando non a vere e proprie stragi. Sono i levrieri da corsa o da caccia che dall’Irlanda al Regno Unito (greyhounds) e alla Spagna (galgos) vengono ogni anno prima sfruttati allo stremo e poi spesso uccisi con crudeltà o per abbandono.
Dati ufficiali non ce ne sono, ma i galgos uccisi ogni anno in Spagna sarebbero sui 50-60mila. Oltre 30mila, invece, i grayhounds che vanno annualmente incontro alla stessa sorte tra Irlanda e Gran Bretagna, dove le corse di cani sono ancora legali così come in Spagna, Australia (ancora per poco), Messico, qualche stato USa tra cui la Florida. Qui i levrieri sono considerati alla stregua di animali da reddito: bestiame, sostanzialmente, o anche meno. Oggetti. Merce.
I levrieri sono cani molto sensibili e docili, perfetti come animali da compagnia anche in presenza di bambini piccoli o anziani. Il rovescio della medaglia di tutta questa mitezza fa però sì – come in Italia per i segugi – che siano tra le razze peggio trattate. In Irlanda, da dove viene la gran parte dei greyhound, si ‘producono’ ogni anno, secondo le stime, circa 40mila/50mila cuccioli (di cui 20mila registrati legalmente). Oltre la metà, giudicata inadeguata per le corse, viene eliminata prima dei due anni di vita.
Quelli che vengono venduti e iniziano a gareggiare nei cinodromi (una ‘carriera’ che non supera in genere i 3-4 anni) e, se si fanno male o diventano troppo lenti, quando va bene vengono dati in adozione, ma molto più spesso portati nei pound dove gli sono concessi solo pochi giorni di vita, uccisi con l’eutanasia (ma a volte anche in maniera molto più brutale), abbandonati, venduti ai laboratori di sperimentazione, sui mercati asiatici ( dove la fine ultima è spesso come carne per i ristoranti) o su altri circuiti minori esteri. La loro vita da corridori scorre fuori dalle piste in una gabbia o in piccoli box da cui escono solo per allenarsi o per i bisogni; con la museruola quasi sempre addosso, per non perdere la concentrazione.
Non meno triste è il destino dei galgos, i levrieri spagnoli utilizzati per la caccia. Allevati a migliaia (le femmine sono costrette a una cucciolata dopo l’altra) sono tenuti spesso in condizioni disumane. Rinchiusi anche in dieci in minuscole baracche nei boschi o buche scavate sottoterra, malnutriti (a volte gli vengono dati solo tozzi di pane) e picchiati. Per questo tanti fra loro sono scheletrici, si feriscono e ammalano senza che nessuno se ne prenda cura. Quando invecchiano o se alla fine della stagione di caccia non sono più reputati abbastanza utili, molti vengono ‘finiti’ in modi terribili: impiccati agli alberi, buttati vivi nei pozzi, abbandonati con le zampe rotte, trascinati dalle auto o portati nelle perrera, canili lager dove vengono uccisi dopo 10 giorni se nessuno li reclama, e se prima non muoiono di stenti.
Per salvare più levrieri possibili dandoli in adozione, sono nate decine e decine di associazioni in tutto il mondo, molte anche in Italia: la prima è stata la Gaci che, creata nel 2002, in dieci anni ha trovato – si legge sul sito – una famiglia per circa 2000 esemplari. Poi sono arrivate Egn, Progetto animalista per la vita, Sos Levrieri, Progetto Galgo e Pet Levrieri onlus. Rivolgendosi a loro si può salvare un levriero e avere con sé un compagno mite e affettuoso.