ROMA – In calo ma non troppo. O per lo meno non abbastanza. E’ il randagismo, fenomeno ancora molto diffuso in Italia, soprattutto al Sud, di cui si ignorano le esatte dimensioni. Lo afferma la Lega Anti Vivisezione che, per sopperire alla scarsità di dati reali, ha condotto un’indagine regione per regione, di cui rende noti i risultati nel suo Dossier Randagismo 2016, una fotografia della situazione sulla base dei dati più aggiornati disponibili, ma anche la ricostruzione storica con profondità decennale sull’evoluzione del fenomeno.
“Abbiamo chiesto a Regioni e Province Autonome quanti cani fossero presenti nei canili, quante strutture di accoglienza fossero presenti sul loro territorio, quello delle sterilizzazioni effettuate e quello delle adozioni – dichiara Ilaria Innocenti, Responsabile Lav area Animali Familiari, che ha curato la stesura del rapporto -. Tutte le amministrazioni contattate hanno risposto, a eccezione di Calabria, Emilia Romagna e Sicilia, se pur fornendo dati non sempre completi e aggiornati, ma in ogni caso utili a dare un quadro, benché sottostimato, della situazione”.
Secondo l’ultima stima diffusa dal Ministero della Salute, nel 2012 in Italia ci sarebbe stato un esercito di randagi tra 500 mila e 700 mila esemplari, mentre i dati ufficiali più completi sul randagismo risalgono al lontano 2008 e fanno riferimento all’anno 2006. Inoltre, in Italia nel 2015 sarebbero stati 131.302 i cani detenuti nei canili, di cui 13.064 detenuti in quelli sanitari e 118.238 in quelli rifugio. Fatta eccezione per questi numeri, e per quelli relativi ai cani iscritti nell’anagrafe degli animali d’affezione, agli ingressi nei canili sanitari, alla sterilizzazione delle colonie feline, non esistono ulteriori dati ufficiali resi pubblici. Un ritardo inspiegabile, dice la Lav, se si vogliono mettere davvero in atto politiche e strategie efficaci per contrastare un fenomeno che costa gravissime sofferenze agli animali e rappresenta un ingente costo per la collettività.
(continua domattina…)