Fuori dal palazzo di giustizia, i beagle liberati e ormai cresciuti
Fuori dal palazzo di giustizia, i beagle liberati e ormai cresciuti

ROMA – Condotte non occasionali, né limitate a fatti singoli o a periodi limitati, ma “rispondenti ad una precisa e voluta politica aziendale volta a massimizzare i profitti e a minimizzare i costi di gestione a scapito della salute e del benessere degli animali”. Queste le motivazioni alla base della sentenza con cui la Corte d’Appello di Brescia ha confermato in secondo grado le condanne inflitte nel procedimento contro Green Hill.

“E’ stato proprio a causa di questa politica volta unicamente alla massimizzazione dei profitti – spiega l’avvocato Valentina Stefutti che ha rappresentato Enpa nel procedimento giudiziario – che Green Hill non si era dotata di un ambulatorio idoneo al tipo di interventi che venivano effettuati sugli animali o che, scrive il collegio giudicante, l’eutanasia veniva praticata in maniera disinvolta poiché si preferiva sopprimere l’animale invece di praticare terapie adeguate, lunghe e costose”.

Insomma, i beagle di Green Hill venivano considerati prodotti di mercato: “Una politica – precisa la Corte d’Appello – che andava in senso diametralmente opposto all’evoluzione normativa e comunitaria, imperniata sempre più sulla considerazione e tutela dell’animale quale soggetto vivente in grado di apprezzare il dolore e la sofferenza”.

“Questa sentenza – conclude la presidente di Enpa Carla Rocchi – dovrebbe essere motivo di riflessione per chi ancora sostiene i meccanismi industriali legati alla sperimentazione animale“.

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